Project Description

Pittore attivo nella prima metà del XVII secolo (Leonaert Bramer?), Natività con adorazione dei Pastori

Olio su ametista di cm 9,5 x 6.

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Questo piccolo dipinto su ametista raffigura una intensa Natività, rischiarata dalla luce artificiale di una lanterna accesa tenuta tra le mani da uno dei due pastori che assistono alla nascita miracolosa del Bambino Gesù. I raffinati effetti luministici della fiamma della candela creano luci e ombre intensificando la visione e concentrandola sulla figura del Bambino dal quale, a sua volta, si irradia la luce divina. L’effetto prospettico d’insieme, che dispone i protagonisti su due piani a suggerire l’ingresso dei pastori nella grotta della Natività, è rafforzato dall’insolito e prezioso supporto di quarzo violaceo scelto per dipingere la scena, grazie al quale si aumenta e si diffonde il bagliore diffuso dal lume e dal Bambino.

L’uso di pregiati supporti sui quali realizzare scene dipinte si diffuse tra Cinque e Seicento ed era particolarmente gradito ai colti committenti che amavano serbare in studioli queste piccole meraviglie da osservare in modo ravvicinato, tenendole tra le mani per poterne apprezzare i cangiantismi e la particolarità delle pietre. I pittori sceglievano sovente il lapislazzulo, l’alabastro, la pietra di paragone o la pietra paesina che suggeriva loro con le sue venature naturali paesaggi immaginari nei quali collocare i protagonisti delle scene, religiose o mitologiche, che vi venivano ambientate. Tra gli artefici più esperti a usare al meglio questo tipo di materiali possiamo annoverare Filippo di Liagno detto Filippo napoletano (per le cui opere su paesina si veda il catalogo della mostra Bizzarrie di pietre dipinte dalle collezioni dei Medici, a cura di M. Chiarini, Cinisello Balsamo (Mi) 2001) o i veneti Alessandro Turchi o Pasquale Ottino, specialisti della pittura su ardesia. Molto più rara tra gli artisti è la scelta di utilizzare l’ametista, di cui si conservano pochi esemplari, come quello di ambito secentesco romano con la Madonna, il Bambino e San Giovanninoappartenuto ai Farnese e ora a Napoli, Museo di Capodimonte (Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte: la collezione Farnese, Milano 1996, vol. III, n. 6.95). Una piccola ma pregiata collezione doveva essere inoltre quella di Vittoria Barile, Duchessa di Sicignano, che a Napoli all’inizio de Settecento conservava nel suo palazzo vicino al monastero di Santa Chiara un piccolo tesoro di ametiste ottagone dipinte (si veda Getty Provenance Index Database Archival Inventory I-899 (sub voceBarile).

Nonostante sia arduo offrire dei nomi certi per gli esecutori di questi manufatti, nel nostro caso si può avanzare l’ipotesi che si tratti di un pittore attivo nella prima metà del Seicento, memore del naturalismo carraccesco e dei sapienti giochi luministici dei fiamminghi e olandesi attivi a Roma. Tra questi si deve prendere in considerazione soprattutto Leonaert Bramer, pittore nativo di Delft, il quale fa del lume artificiale una costante soprattutto durante il soggiorno romano. In particolare affinità si riscontrano con l’Adorazione dei magidella National Gallery di Washington eseguita tra 1628 e 1630. Le figure, in particolare quella del Bambino, con i contorni tremolanti e gli andamenti dei panneggi, segnati da pennellate luminose potrebbero suggerire similitudini esecutive, così come l’anatomia molle dei personaggi. La scelta dell’ametista quale supporto denota comunque un artista di alto livello.