Project Description
Luigi Zuccheri (Gemona del Friuli 1904 – Venezia 1974), Coniglio
Olio su tavola di cm 30 x 35 firmato (L. Zuccheri) in basso a sinistra.
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Formatosi con Alessandro Milesi e Umberto Martina, dai quali apprese i tratti peculiari della grande tradizione pittorica veneta, fin dagli anni Trenta, Zuccheri realizza nature morte, paesaggi, ritratti, opere nelle quali il tardo naturalismo è spesso superato in direzione simbolista. Tra i ritratti di questo periodo, anche quello di Giacomo Ca’ Zorzi, noto con lo pseudonimo di Giacomo Noventa, l’intellettuale e poeta del quale Zuccheri aveva sposato, nel 1932, la sorella Jolanda.
Nel 1939 allestì la sua prima personale alla galleria Michelazzi di Trieste, cui fece riscontro un intervento di Silvio Benco sul «Piccolo Sera», nel quale il critico gli riconosceva capacità e forza rappresentativa. Durante la guerra Zuccheri cambiò tecnica e stile: studiò a fondo la pittura antica, passò dall’olio alla tempera, elaborò quella sua favolosa tematica animalistica che gli diede notorietà in Italia e alla quale possiamo ricondurre questo coniglio, emblema del suo personalissimo stile barocco di ascendenza metafisica, ispirata ai paesaggi ed agli animali della laguna veneta e delle campagne friulane.
Poco prima del 1950 conobbe infatti a Firenze Giorgio De Chirico. I due artisti diventarono amici e De Chirico espresse più volte la sua stima per il pittore friulano, del quale fu, in varie occasioni, ospite a Venezia. Scrisse, alla morte di Zuccheri: «Lo incontravo sempre a Venezia, durante i miei soggiorni in quella città, e nel suo studio ho passato lunghe ore a parlare con lui di tutti i vantaggi ed i segreti della pittura a tempera. Sono sicuro che col passare del tempo, Zuccheri sarà sempre più capito ed ammirato». Intanto Zuccheri aveva ricominciato ad esporre. Nel 1949 fu alla galleria del Cavallino a Venezia, nel 1950 alla galleria del Naviglio a Milano e nello stesso anno fu presente alla Biennale di Venezia. Furono anni di intensa attività, viaggi e mostre: tra le altre, a Torino, Bologna, Verona, Roma, in Baviera e alla galleria Sagittarius di New York. Nel 1959 pubblicò, per le edizioni De Luca di Roma, “Il bestiario di Zuccheri”, otto tavole a colori e dieci in bianco-nero, con introduzione di Alfredo Mezio. In questi anni egli riverso anche nella tecnica scultorea la sua sensibilità di animalier: infatti modellò in cera e gettò in bronzo molte figure falchetti e ricci, pesci e uccelli, chiocciole e grilli, capre e galli, lepri e colombe.
Altre mostre importanti negli anni Sessanta scandirono la sua attività pittorica: alla S. Stefano di Venezia nel 1961, alla Ghelfi di Verona nel 1962, alla Gianferrari di Milano nel 1963, alla Viotti di Torino e alla Cavour di Milano nel 1967, solo per citarne alcune, mentre numerosissime furono le sue partecipazioni ad importanti mostre collettive, come ad esempio le Trivenete di Padova. Dopo la morte del pittore, fondamentale per la sua riscoperta è stata la mostra retrospettiva che si tenne presso l’ex chiesa di S. Francesco e il Museo civico d’arte di Pordenone, dal marzo al maggio del 1982. Un importante nucleo di opere di Zuccheri si trova oggi presso il Museo civico d’arte di Pordenone.