Giulio Aristide Sartorio
(Roma 1860 – Roma 1932)
biografia, valutazione gratuita, vendita e acquisto quadri
Parametri di valutazione delle opere di Giulio Aristide Sartorio
Aggiudicazione record:
110.000 euro per un olio su tela di Ø 124 cm nel 2017
Valori medi per dipinti ad olio:
4.000 – 20.000 euro
Valori medi per opere su carta:
1.000 – 10.000 euro
SARTORIO Giulio Aristide, pittore (Roma 1860 – 1932). Figlio e nipote di scultori di un certo valore, ma poca fortuna, apprende i primi rudimenti del disegno dal padre Raffaele, completando la sua formazione artistica, più che con l’incostante frequenza dell’Accademia, da autodidatta, copiando gli affreschi nei Musei vaticani o studiando dal vero. Cominciò a guadagnare da giovanissimo eseguendo soggetti settecenteschi, sullo stile del Fortuny, per conto di pittori (specie stranieri) le cui botteghe erano prese d’assalto dalla ricca clientela internazionale, desiderosa di souvenirs che perpetuassero le suggestioni del loro viaggio culturale nell’antica “Caput mundi”. Il ragazzo, peraltro molto sveglio, si era formata una solida cultura, tanto che per tutta la vita alternerà l’attività di pittore a quella di scrittore.
Nel suo primo periodo alterna quadri d’impostazione verista (Malaria 1883) a quadri d’ispirazione cosmatesca-bizantina che gli procurano, oltre alle lodi del D’Annunzio, una cospicua clientela sin dal 1886.
Un soggiorno a Parigi nel 1889 con l’amico Francesco Paolo Michetti servirà a fargli conoscere, attraverso lo studio dei paesisti francesi degli anni ’30, un modo tutto nuovo di ritrarre la natura, con un arte più libera e meno legata ai freddi dettati accademici. Inizia così “quell’epoca febbrile delle ricerche”, che, con l’aiuto dell’amico (di ritorno da Parigi è ospite di Michetti a Francavilla a Mare) comincia a fargli amare il paesaggio dal vero, aderendo al gruppo costiano “In Arte Libertas”. Viaggia in lungo e largo per l’Agro Romano, di cui ritrae gli scorci più caratteristici dipingendo preferibilmente a pastello o a tecnica mista, nella quale raggiunge livelli insuperabili di maestria.
Il 1889 è anche l’anno della sua conoscenza con il conte Giuseppe Primoli che nel 1870 aveva lasciato Parigi per trasferirsi a Roma ove aveva fondato la prima Associazione Amatori di Fotografia, riunendo attorno a sé un cenacolo che comprendeva Matilde Serao, Gabriele D’Annunzio, Paolo Michetti e, ovviamente, Sartorio. E’ proprio Sartorio il primo pittore italiano a difendere la fotografia che usava come modello, utilizzando cioè l’immagine fotografica come punto di partenza del dipinto.
Nel 1896 si trasferisce a Weimar per quattro anni, chiamato dal Granduca Alessandro di Sassonia, come professore di pittura all’Accademia di Belle Arti. In questo periodo approfondisce la conoscenza della Germania con numerosi viaggi.
Di ritorno a Roma nel 1902 è chiamato a far parte dell’Accademia di San Luca e, due anni dopo, è cooptato d’ufficio (lo stesso 24 maggio, giorno della fondazione) nel Gruppo dei XXV della campagna Romana, senza peraltro ricevere il caratteristico soprannome.
Prescelto dalla Commissione reale, composta da Fradaletto, Boito e Maccari) tra il 1908 ed il 1913 dipinge su grandi teleri ad encausto il monumentale fregio per l’aula di Montecitorio, dove il pittore rappresenta, in una successione agitata ed incalzante di figure simboliche, la secolare vicenda della storia italiana fino al trionfo della giovane Italia finalmente unificata e sovrana.
Gravemente ferito al fronte nella I° Guerra Mondiale (era partito volontario malgrado la non più giovane età) viene fatto prigioniero dagli Austriaci. Liberato per intercessione del papa Benedetto XV, torna al fronte per dipingere i suggestivi pastelli con la serie delle battaglie sul Carso e sul Piave(al momento della liberazione aveva dato la sua parola agli Austriaci che non avrebbe più impugnato le armi).
Nel 1918 viene nominato Presidente dell’Accademia di San Luca e, in quello stesso anno, sposa in seconde nozze la bella attrice italo-spagnola Marga Sevilla (dalla quale ha due figli, Lidia e Lucio) andando a vivere in una grande villa in via Porta San Sebastiano, gli Horti di Galatea, ove attrezza il suo grande studio.
Su invito del re Fuad, a guerra finita, compie un lungo viaggio in Egitto e da lì arriva sino in Siria e Palestina, dove esegue oltre ai bei quadri di paesaggio, tra i quali spicca Il Mar Morto, una serie di bozzetti dal vero da cui trarrà poi le belle incisioni che illustreranno anni dopo (1932) il libro Christus di Salvatori.
Nel 1924 si reca per otto mesi in America Latina, alla guida di una crociera di propaganda di prodotti italiani sulla motonave Italia. Dal viaggio riporterà tutta una serie di dipinti e pastelli che illustrano panorami selvaggi di quelle terre. Nel 1929 viene nominato Accademico d’Italia.
L’ultimo periodo della sua vita è quello di Fregene ove, defilato da pubblici incarichi per dissapori con il regime, riesce a tradurre, con una tavolozza dai colori tenui ma luminosissimi, la sua primitiva ispirazione Liberty in una serie di quadri che hanno come protagonisti i membri della sua amatissima famiglia.
Impossibile elencare tutte le prestigiose mostre collettive o personali che lo vedono protagonista. Basti pensare che per ben due volte la Biennale di Venezia gli concede l’onore di una sala individuale (nel 1899 e nel 1914); altrettanto farà la Società degli Amatori e Cultori di Roma nel 1905 e Milano che nel 1918 gli tributerà l’onore di una personale al Teatro della Scala. Innumerevoli anche le presenze internazionali, come l’Esposizione Universale di Anversa del 1885, quella di Parigi del 1889, l’Esposizione Internazionale di Berlino del 1891 e del 1896, la Fine art society di Londra del 1909, dopo aver ottenuto nella stessa città una personale nel 1894.
Biografia a cura di Maurizio Berri
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