Project Description
Ubaldo Oppi (Bologna 1889 – Vicenza 1942), Pomeriggio campestre
Olio su tela di cm 109 x 88 firmato (Ubaldo Oppi) e datato (1920) in basso al centro.
INFO: per avere maggiori informazioni
Pubblicazioni
– «Emporium», Vol. LXI, n. 362, 1925, p. 79
– «Dedalo», Anno IV, vol. III, 1924, p. 772
Forse il maggior esponente del Realismo Magico, Ubaldo Oppi, resta uno dei più fulgidi esempi della tradizione pittorica italiana che, ancora nel primo Novecento, affonda le sue gloriose radici nell’arte sublime del XV secolo dimostrando così come soltanto l’antico sia perennemente attuale. Allievo di Klimt a Vienna, il giovane Ubaldo viaggia in lungo e in largo per l’Europa formandosi soprattutto a Parigi, al Louvre, sull’arte italiana del Quattrocento che genererà così una serie di suoi dipinti d’influenza botticelliana, dove uomini e donne danzano liberamente nudi tra gli alberi, nel loro rapporto misterico con la Natura. Il riferimento simbolico, metafisico ed ermetico della pittura di Oppi è, oltre a Sandro Botticelli, alla meticolosa costruzione formale di Piero della Francesca e in seguito ad alcuni tratti da Rosso Fiorentino, sempre riportati alla realtà sua contemporanea in un ambiente sospeso e silente, colmo di mistero e attesa.
«Ed ecco l’Oppi abbandonare gli scheletrici personaggi che aveva diletto, per dare corposità alle figure. Questa nova passione dapprincipio lo prende così fortemente che le figure gli si fan volontariamente tozze, massicce, robuste: ampi toraci modellati da abiti aderenti come maglie, seni turgidi e procaci di contadine, appena scossi dal ritmo d’una danza, mani forti, larghe, dalle dita corte e quadrate che stringono (e la carne soda appena cede alla pressione), menti volontari, fronti basse: ecco tutta un’umanità contadina sovrabbondante di forza, di vitalità: e tutto è studiato nei valori formali e strutturali, chiaroscurali e coloristici, con un amore cui nulla sfugge». Con queste parole Cesarino Gardini recensiva sulle colonne di «Emporium» un corpus di opere di soggetto paesano, eseguite da Ubaldo Oppi, tra il 1921 e il 1924, testimonianza più sincera dell’amore dell’artista per quell’umanità contadina così piena di forza e colore che, pur nei lunghi soggiorni all’estero, il pittore aveva conosciuto nel Cadore e aveva sempre presente.
Proprio a questi paesaggi cadorini appartiene l’opera qui presentata, vitale e gioiosa, dedicata al tema del “dì di festa”, alla rappresentazione di una domenica di paese, in cui la musica accompagna il silenzio e allieta la placida quiete della giornata. Il soggetto del quadro sembra quasi echeggiare l’atmosfera narrata dalla celebre poesia di Leopardi, e qualche cadenza leopardiana si avverte anche nell’atmosfera dell’opera, pervasa da una gioia malinconica, da un’allegria pensierosa e grave. Rispetto a opere eseguite da Oppi nello stesso periodo, l’impianto compositivo è più nettamente plastico: le figure hanno acquistato ora proporzioni maggiori, e la massa delle case è avanzata verso il primo piano. Oppi dimostra pertanto in questo dipinto di procedere dunque verso una volumetria sempre più salda, che approderà alle potenti architetture del 1923-24.