Project Description
Tano Festa (Roma 1938 – 1988), Dedicato a Rino
Smalto e matita su carta di cm 35 x 50 firmato (Festa) datato (1963) e situato (Roma) in basso a destra, con dedica in basso a sinistra. Numero di autentica rilasciato dall’Archivio Tano Festa 63355/K299.
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“Mi interessava la pittura americana, che si poteva vedere a Roma in quegli anni, Matta, Gorky, De Kooning e soprattutto Rothko che fu esposto in una mostra alla Tartaruga nel 1959, con Scarpitta e Kline. Nel 1960 ho cominciato a fare quadri monocromi con le strisce ma non pensavo più alla pittura degli altri, l’incentivo di questi quadri sono state le cose che c’erano intorno, che guardavo, la strada, le strisce pedonali, l’ambiente, gli oggetti.” La riflessione sui quadri monocromi, come testimoniato dal brano sopra riportato di un’intervista rilasciata dall’artista romano negli anni Settanta, scaturisce dal fascino esercitato dalle coeve sperimentazioni artistiche americane sulla ricerca intrapresa dal giovane Tano Festa.
L’opera qui presentata rientra a pieno titolo nell’approccio informale e neutrale che caratterizza la prima parte della produzione di un artista che vuole riaffermare la stessa sensibilità che lo portava di preferenza verso l’oggetto quotidiano, fatta come d’incontro fortuito e di frequentazione continua. Festa, attraverso l’immagine quasi monocromatica e non alterata, vuole ribadire il valore della consuetudine con la storia dell’arte e con la storia in generale, vuole riaffermare il senso di distaccata continuità con un passato che in ogni caso gli appartiene.
Dopo un primo approccio informale e gestuale nel quale rigorosi ritmi spaziali sono costruiti da variazioni di spessore e di materia delle superfici (Rosso segnale n. 9, 1960; A Sandro Penna n. 47, 1961), la ricerca di Tano Festa acquisì personali connotazioni concettuali di matrice neodadaista: dall’innesto dell’immagine o dell’oggetto costruito nel quadro (Lapide, 1963; Studio per pianoforte, 1963; serie degli Obelischi, 1963), agli oggetti (serie delle Finestre, delle Porte ecc., 1963) costruiti come immagini da percepire, alla trasposizione e alla manipolazione di dettagli fotografici tratti da celebri opere, come i Coniugi Arnolfini di van Eyck o la Creazione dell’uomo della Cappella Sistina e le Tombe medicee di Michelangelo.
In seguito i modi di manipolazione delle immagini e dello spazio si fecero più pittorici e inquietanti: dalla serie di Omaggi al colore, degli anni Settanta, che presenta i nomi di Degas, Renoir, van Gogh o Picasso su sfondi di nuvole fatte di pennellate veloci, alla serie Coriandoli o alle opere degli anni Ottanta, dense di riferimenti non solo figurali (A James Joyce, Omaggio a Munch, del 1984; L’entrata di Cristo a Bruxelles, del 1985; Don Chisciotte, Dal giudizio universale, I guardiani del castello, Maschera, del 1987).