Project Description
Maria Lai (Ulassai 1919 – Cardedu 2013), La leggenda del naufrago
Tecnica mista su carta di 35 x 25 cm firmata e datata (97) in basso a destra con dedica a matita (a Giulia, Maria) con autentica rilasciata dall’Archivio Maria Lai, Lanusei.
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“Al centro della ricerca artistica di Maria Lai – ha ricordato Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, dove l’8 marzo del 2018 si è inaugurata una grande retrospettiva dedicata all’artista sarda – sta il mezzo più tipico del suo lavoro cioè quel filo che ‘lega e collega’ in maniera senz’altro viva e che infatti spesso rimane libero e non ancora cucito: tra i vari riferimenti mitologici non può che ricordare Penelope che tesse durante il giorno e nella notte scioglie i fili”. Il telaio, lo strumento millenario della tessitura, compare già in un disegno degli anni Quaranta della Lai e figure di tessitrici si incontrano nelle sue carte successive. Ma è dal 1978, anno nel quale l’artista sarda partecipa alla Biennale di Venezia, che la sottile trama disegnata dai fili disposti su supporti di volta in volta diversi, diventa cifra peculiare della sua ricerca artistica.
L’opera in questione, eseguita nel 1997 dalla grande artista sarda del secolo scorso, si presenta come un lavoro che lega storia e leggenda, fondendole in un calligramma di grande valore estetico e politico, dal titolo La leggenda del Naufrago, il cui testo, impaginato sul foglio così da dar vita all’immagine della chioma di un albero agitata dal vento, riprende un’antica fiaba. Qui di seguito si riporta il testo integrale della antica novella ripresa dalla Lai:
C’era una volta un vecchissimo albero che era rimasto solo sull’isola del vento. Il vento lo tormentava e teneva lontane le nuvole dalla sua sete. Venne dal mare un naufrago, dolente di sete e di piaghe. Si trascinò dalla riva ai piedi dell’albero e cadde in un delirio di sogni e di parole: ricordi di un viaggio sugli abissi. Una voce lontana e sconosciuta lo aveva guidato oltre l’orizzonte. Il naufrago parlava col ritmo del mare, evocando immagini di pace e di tormenti, di lontananze e di profondità. Il vento calò per lo stupore: le nuvole si radunarono sull’albero per ascoltare e piansero. L’albero riprese a germogliare, ebbe foglie come piccole lance d’argento, e frutti come uova di passero. Frutti prodigiosi: linfa d’oro fuso per lenire la sete e le piaghe del mondo, e alimentare lumi alla sacralità. Il vento portò lontano quei semi: voleva popolare la terra di alberi preziosi e di poeti.
Il testo, ubi consistam dell’opera, la rende, come tutte le opere d’arte che custodiscono una verità inconfutabile, ancora attuale, capace di parlare al cuore dell’uomo del nostro tempo, così disgraziatamente caratterizzato da storie di naufraghi e, allo stesso tempo, provvidenzialmente ancora fecondo di poeti. Il forte legame della Lai con questo antico testo sapienziale emerse anche quando fu chiamata a realizzare alcune opere per il Museo dell’Olio di Castelnuovo di Farfa, tra le quali “Olio di Parole”, un corridoio buio che riporta il visitatore alla nascita dell’universo e, per l’appunto, “L’Albero del Poeta”, in cui le parole di questa antica favola sono incise sulla chioma di un albero.