Project Description

Leonardo Coccorante ( Napoli 1680 – 1750 ), Capriccio architettonico con marina in burrasca

Olio su tela di cm 87 x 140 firmato ( con monogramma “LC” ) in basso a sinistra.

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Le fonti lo raccontano come un pittore di rovine “bizzarre” e giardini ornati con sculture classiche riprese dalla vasta zona archeologica dei Campi Flegrei, di vedute di Napoli e dei porti del viceregno analiticamente resi, di scene macabre ed esoteriche volte in “capriccio”. Proprio di quest’ultimo genere, nato come esercizio pittorico derivato dalla trasposizione di progetti di scenografie teatrali, Leonardo Coccorante fu un grande interprete.

Il dipinto qui presentato, infatti, rappresenta una delle opere più riuscite nel genere del “capriccio”, un tipo di veduta nella quale non si riconosce un preciso luogo geografico e che comprende strutture architettoniche antiche, spesso accompagnate da figure generiche. Si tratta di una composizione scaturita dalla fantasia dell’artista nella quale egli si diletta ad associare liberamente nello stesso spazio grandiosi monumenti dell’antichità provenienti da luoghi diversi, al fine di creare un paesaggio ideale e aulico.

Pittore di origini napoletane, il Coccorante fu attivo nella prima metà del Settecento. Allievo di Viviano Codazzi e Angelo Maria Costa, divenne uno dei migliori paesaggisti del primo Settecento napoletano, sovente coadiuvato nelle parti di figura da Giovanni Marziale, Giuseppe Tomajoli e Giacomo del Po. Largamente conosciuto per i suoi dettagliati paesaggi di grandi dimensioni, nei quali troneggiano architetture classiche o antiche rovine, in contrapposizione con piccole figure umane in primo piano che enfatizzano la maestosità dei ruderi circostanti, il maestro napoletano è autore di paesaggi e vedute fantastiche, caratterizzate da sfondi marini in burrasca, proprio come accade nel dipinto presentato in questa sede, e capricci d’intonazione preromantica.

Nel nostro dipinto, la presenza del monogramma “LC”, oltre ad una sapiente rilettura dell’acutezza luministica di Viviano Codazzi e al ricorso ad una maniera che appare già pre-romantica, costituisce prova inconfutabile dell’attribuzione al maestro partenopeo. Il dipinto è da collocarsi nel periodo che va dal 1720 al 1733, in un gruppo di opere, rese con libertà d’invenzione, improntate al binomio “mare-architetture”: trattasi di dipinti concepiti attraverso la ricerca ambientale della luce che staglia in primo piano loggiati, rovine e rocce sullo sfondo di un mare in tempesta ripreso dal vero. Questo mare, sul quale si affaccia la città, è presente in quasi tutte le opere del maestro napoletano, formando l’ideale contraltare della più convenzionale pittura di paesaggio.