Project Description
Giuseppe Molteni (Affori 1800 – Milano 1867), Ritratto di gentiluomo
Olio su tela di cm 108 x 85; databile al 1840 – 1845 ca.
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Esposizioni
Quadreria 2004. Storia, ritratto, paesaggio. Pittori in Italia tra Neoclassico e Romantico, Carlo Virgilio, Roma, n. 37, 20 maggio – 20 giugno 2004
Pubblicazioni
Quadreria 2004. Storia, ritratto, paesaggio. Pittori in Italia tra Neoclassico e Romantico, catalogo della mostra, Carlo Virgilio, Roma 2004, pp. 50-51.
Giuseppe Rovani nel 1855, nella “Storia delle lettere e delle arti in Italia”, ricostruiva con efficacia e senza indulgenza le ragioni della straordinaria affermazione internazionale di Giuseppe Molteni nel campo del ritratto. Come ha notato Stefano Grandesso, proprio allora però il gusto del pubblico e della critica stava perdendo le distanze dai maestri della generazione romantica e l’artista stesso diradava l’esecuzione di dipinti e la partecipazione alle mostre per dedicarsi di più all’altro campo della sua attività, quello di restauratore e di esperto di pittura antica, che lo vide autorevole protagonista del mercato dell’arte e ascoltato giudice in materia di dipinti, in rapporto con i grandi conoscitori contemporanei e i conservatori dei musei stranieri.
La tipologia messa a punto fin dagli anni Venti era stata quella del ritratto ambientato, dove il personaggio effigiato poteva riconoscere con soddisfazione la propria appartenenza sociale e verificare la raffinatezza delle proprie scelte nell’abito e nell’arredo circostante. Nell’apparecchiare e nel far risaltare il lusso Molteni stesso era arbitro del gusto e pittore della moda oltre che alla moda, posizione raggiunta anche attraverso le abili relazioni sociali e la capacità di riunire nel proprio studio-museo, dove aveva ospitato anche Massimo d’Azeglio, presto impegnato con l’amico nel ritratto a quattro mani di Alessandro Manzoni (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense), la mondanità milanese e i visitatori europei di passaggio.
Questo ritratto, non firmato, è certamente suo come dimostra il confronto con dipinti davvero affini sia sul piano formale e stilistico che su quello iconografico e del costume, come il ritratto di Achille Padovani (collezione privata), quello di Antonio Gavazzi (collezione privata), o quello del duca Giulio Litta (Milano Raccolte d’arte dell’Ospedale Maggiore; Milano 2001, cat. nn. 7, 25, 29), tutti databili intorno al 1840 e l’ultimo con il medesimo fondo per metà neutro e per metà attraversato da un ricco tessuto broccato che come spesso in Molteni si espande verso la base del quadro e costituisce il ricercato tono di accordo o contrasto cromatico del dipinto. Anche qui risaltano da una parte la vivacità nella resa della fisionomia e della posa, atteggiate a dignità ma con cordiale naturalezza, dall’altro gli splendidi dettagli dell’abito: la marsina con l’interno in velluto dal taglio “serratissimo in vita”, la cravatta fermata da una spilla con una perla barocca, il gilet di seta decorato a bande, con motivi cachemire verdi su fondo arancione.