Project Description

Giulio Turcato (Mantova 1912 – Roma 1995), Composizione

Acrilico su tela di cm 70 x 100, firmato (Turcato) in basso a destra, databile al 1971-72, con autentica n. 25B11269720 dell’archivio Giulio Turcato.

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Giulio Turcato è uno dei più significativi interpreti dell’astrattismo pittorico in ambito internazionale, anche se il suo lavoro è assai più articolato e complesso, e comprende affascinanti risvolti figurativi e straordinarie sortite nell’ambito della scultura e della scenografia.

Turcato ha saputo imporre al Novecento artistico un proprio inimitabile linguaggio, facendo della forma-colore la ragione di una ricerca inesausta, di una sperimentazione durata sino ai suoi ultimissimi anni di vita. È stato un esploratore straordinario, che ha fatto dell’arte il codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia all’entomologia, dalla fisica all’astronomia: tutto diventa occasione per nuove invenzioni di forme e colori che ridefiniscono l’immaginario umano, individuale e collettivo, nel momento stesso in cui interpretano i vari modelli di conoscenza.

“Queste immagini, sensazioni, materiali, memorie, illusioni, allucinazioni, forme, itinerari, sono il mio bagaglio, aperto alla dogana del prossimo millennio”, ha scritto Turcato nel 1985. Una dichiarazione di poetica fondamentale da parte di un artista che ha svolto un compito essenziale nel liberare l’arte dalle convenzioni accademiche, in un percorso originale e solitario.

Giulio Turcato

Come ha scritto Silvia Pegoraro, “Turcato si acceca, strizza gli occhi sino a far sorgere un mondo altro, un mondo delle forme pure, delle strutture non contingenti del colore, delle masse e dei volumi, svincolati dagli oggetti che li manifestano. Turcato scotomizza – occulta – la visione del reale in quanto contingente, culturale, storico, cosciente, quella visione che struttura il mondo nella figura che più o meno conosciamo: scotomizza la visione del mondo come sapere acquisito e inscritto negli ordini della cultura, e ci sorprende con la vertigine del nuovo. (Skòtos, in greco antico, è ombra, e nello stesso tempo vertigine).”
Nell’opera qui presentata Turcato trasforma la tela in “un luogo di conquista interplanetaria, trasportando frammenti di altri pianeti all’interno della sua realtà creativa e visionaria, usando strumenti inconsueti per la pittura, e tuttavia efficacissimi per il suo scopo”, creando degli impasti polimaterici, popolati da presenze larvali, sinuosi arabeschi partoriti dall’immaginazione creativa dell’artista.