Project Description
Giovanni Prini (Genova 1878 – Roma 1958), Ritratto di zia Catina
Bronzo di cm 35 x 32 x 47 firmato in basso.
Esposizioni: LXXXVI Esposizione Internazionale della Società Amatori e Cultori delle Belle Arti, Roma 1906; Giovanni Prini Il Potere del sentimento, Roma 2006.
Bibliografia: Catalogo della LXXXVI Esposizione Internazionale della Società Amatori e Cultori delle Belle Arti, (1906), Sala O n. 352; Giovanni Prini Il Potere del sentimento, Roma 2006, pag. 92.
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All’interno, presente etichetta che attesta l’esposizione della scultura ad una mostra tenutasi nei primi anni del XX secolo.
“Uno dei giovani scultori romani più interessanti”: così viene salutato nel 1908 Giovanni Prini dal grande Vittorio Pica che lo propone per la Biennale di Venezia dell’anno successivo. E proprio al grande Pica dobbiamo la definizione più suggestiva per la scultura di Prini: “una avviluppante linea armonica”.
Proprio un’unica linea avvolge, raccogliendole in una lirica rappresentazione degli affetti familiari, questa coppia di figure, madre e figlio, chiusi in un abbraccio, unico rifugio dalle avversità della vita: nessun orpello, nessuna menzogna traspare da questa celebrazione della dignità degli ultimi, colti nella loro verità di una povertà che viene mostrata in tutta la sua terribile crudezza. Questo bronzo si inserisce a pieno titolo nel corpus di opere animate da quel socialismo umanitario che convinse Prini, a contatto con Balla e Cambellotti, che il ruolo dell’artista, finora ad allora considerato un allegro “bohémien”, doveva incontrare le istanze di un nascente sottoproletariato, messo ai margini della società industrializzata.
Era un salotto famoso a Roma quello dei coniugi Prini all’ inizio del secolo: attorno alla bella Orazia Belsito e allo scultore genovese si riunivano gli emergenti di allora, Balla e Cambellotti per l’appunto, insieme con Giovanni Cena e Sibilla Aleramo, dando vita a discussioni e esperienze che contribuirono moltissimo alla formazione del giovane scultore.
Le prime sculture di Giovanni Prini, sono infatti, bambini che giocano e anziani al lavoro: una produzione che gli fa guadagnare, in nome di quel socialismo umanitario allora diffuso fra gli artisti più sensibili alle istanze sociali, l’appellativo di “poeta dell’ infanzia” e “cantore delle plebi”.
Nella seconda parte della sua carriera artistica, passando dalla temperie simbolista al clima della secessione, Prini si dedicò a decorazione di interni, ritratti e paesaggi di grande abilità tecnica che, di proposito, vogliono sfuggire ogni emozione. Prini disegna anche alla maniera liberty paesaggi e ritratti femminili, e scolpisce vasi e sculture dove l’influenza del clima romano e di Duilio Cambellotti è presentissima: la sua opera più rappresentativa resta il grande fregio realizzato per il pronao della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.