Project Description
Giovan Battista Gaulli, detto “il Baciccio” (Genova 1639 – Roma 1709), Ritratto di giovane donna in abito orientale
Olio su tela, cm. 60 x 44
Provenienza: Roma, collezione Colonna, 1714 (?)
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Il ritratto, inedito, raffigura una giovane donna a mezzo busto vestita in abito esotico, di gusto orientalizzante, con un turbante recante al centro un fermaglio d’oro con diamante e tre perle scaramazze, orecchini di altre simili perle barocche, fastosa veste decorata con un corpetto dorato ornato di perle e pietre preziose, camicia blu oltremare.
Sembrerebbe trattarsi di una nobildonna con dignità principesca, una sorta di regina orientale, sebbene le caratteristiche somatiche rimandino ad un tipo italiano e mediterraneo.
Il volto sembra quello di una popolana romana messa in posa come modella, mentre l’immagine evoca le sentimentali giovani donne di estrazione contadina e aristocratica delle gallerie di ritratti russi di Pietro Rotari.
La ragazza è ritratta con grande realismo, sorridente, vivida nell’espressione, secondo un gusto per l’istantanea e una volontà esplicita di descrivere emozioni e moti dell’animo: una tendenza tipica della ritrattistica berniniana, sviluppata in pittura dalla scuola romana del XVII secolo.
L’esecuzione può essere riferita a Giovan Battista Gaulli detto “il Baciccio”, uno dei massimi ritrattisti attivi a Roma e in Italia nella seconda metà del Seicento, contendendo il primato a specialisti del calibro di Jacob Ferdinand Voet, Giovanni Maria Morandi e Carlo Maratti.
Motivazioni di ordine stilistico, quali il vivace naturalismo – con il viso ripreso frontalmente, leggermente voltato a lato come attratto da un evento esterno -, il cromatismo luminoso, la scioltezza pittorica con cui è dipinta la veste, il segno fluido e mosso, lo sfarzo barocco dell’esuberante ripresa, rendono il riferimento certo.
Termini di paragone possono essere il Ritratto di Eleonora Boncompagni Borghese della Galleria degli Uffizi (inv. 1890/n. 4325), quello della stessa dama in altra posa passato da Finarte a Roma nel 2006 e la versione in ovale già presso la Galleria W. Apolloni, il Ritratto di dama di casa Durini del Civico Museo d’Arte Antica di Milano e il Ritratto di Giulia Massimo come Cleopatra della collezione Zerbone a Genova.
Il confronto più diretto e dirimente è tuttavia con il Ritratto di dama come Cleopatra del Blanton Museum di Austin, Suida Manning Collection (USA), molto simile nell’abbigliamento e nell’acconciatura, di dimensioni sensibilmente più grandi (olio su tela, cm. 74,1 x 61,2).
I ritratti femminili del Gaulli, rispetto alla sua vasta produzione ritrattistica al maschile, sono in effetti molto rari, tanto che ai dipinti citati se ne possono aggiungere soltanto altri due, riemersi dopo la pubblicazione nel 2009 da parte del sottoscritto della monografia sull’artista.
Il primo è uno splendido Ritratto di dama databile attorno al 1675-80, pre-batoniano nella levigatezza dell’incarnato, passato nel 2014 in asta Sotheby’s a New York e confluito subito dopo nelle collezioni del Metropolitan Museum of Art. Il secondo è un più tardo Ritratto di dama con veste d’ermellino, venduto nel 2015 in asta Dorotheum a Vienna, che per l’acconciatura e lo stile è databile attorno al 1690-95.
Ci si interroga sulla committenza del dipinto in esame, che proviene dal mercato antiquario inglese, ma della cui storia precedente nulla conosciamo. Tra i ritratti femminili perduti quello “della Regina d’Inghilterra putta […] con cornice larga dorata alta br. 4 ½ e larga br. 3. Circa […] del Baciccia” e un “Ritratto della Duchessa Laura [d’Este], di Baciccia senza cornice, alto on. 27, largo on. 22”, elencati nell’inventario del 16 giugno 1685 della collezione di Cesare Ignazio d’Este a Modena, oltre ad “Una testa di Dama Genovese di Baciccia” descritta nell’inventario del 1719 di Giovan Battista Spinola cardinale San Cesareo.
Tuttavia essi non sembrano corrispondere per dimensioni e caratteristiche al ritratto in oggetto, trattandosi peraltro di ritratti reali, mentre questo ha una connotazione fortemente allegorica pur descrivendo una fisionomia precisa.
Le peculiarità stilistiche del dipinto, tendenti ad una resa levigata e compatta dell’incarnato, unitamente al rapporto con i ritratti citati, rendono plausibile una datazione avanzata, attorno al 1680-90, nella piena maturità dell’artista.
A riguardo possiamo rilevare che nell’inventario ereditario del principe Filippo II Colonna del 1714 erano registrati “Quindici quadri dj palmi tre per alto rapp.ti diversi ritrattj vestiti parte alla persiana, et altri all’Armena con sue cornici simili, con fondj gialli, e battenti doratj Ereditarj del S.re Don Filippo chia: me: dj Baciccio”.
Sembra effettivamente che il ritratto in esame possa avere le caratteristiche per poter far parte di tale perduta galleria di personaggi orientalizzanti, non solo in ragione della corrispondenza nelle dimensioni e nel soggetto, ma anche perché sul retro della tela è presente il numero “dieci” in caratteri romani, “X”, come se il dipinto fosse compreso nell’allestimento di una sala con un gruppo tematico.
In tal caso committente della serie potrebbe essere stato proprio Filippo II Colonna (Roma, 1663 –1714), figlio di Lorenzo Onofrio e di Maria Mancini, ispiratrice della famosa “galleria delle belle” di Voet, una delle cui serie più importanti era proprio nella collezione Colonna. Negli inventari successivi della collezione Colonna non ci sono più tracce del gruppo di ritratti, assenti nel catalogo generale di Filippo III edito nel 1783, probabilmente dispersi a seguito di alienazioni o passaggi ereditari.
La galleria di ritratti di Baciccio nella medesima raccolta poteva essere una sorta di risposta del pittore genovese allo specialista fiammingo, contrapponendo alle vesti alla moda descritte con realismo dal rivale, donne e uomini contemporanei abbigliati in maniera esotica, come in costumi carnevalizi, in linea con gli interessi eruditi della cultura del tempo e la riscoperta dell’Oriente.
Un interesse espresso dal proliferare delle wunderkammer e dei “musei delle curiosità”, come quelli romani del cardinale Flavio Chigi, di Carlo Antonio Magnini, di Nicolò Simonelli, di Carlo de Rossi o di Pietro Della Valle – che aveva addirittura sposato una donna persiana dopo un viaggio in Oriente e poi una delle sue damigelle -, ove figuravano vesti e arredi orientalizzanti.
Giovan Battista Gaulli fu un artista poliedrico, favorito da Bernini e protetto dai papi, che toccò tutti i generi pittorici con uguale dignità. Il suo influsso fu fondamentale per lo sviluppo della pittura del Settecento.
Si distinse come sommo ritrattista, tra i più significativi del suo tempo, avendo ritratto tutti i papi da Alessandro VII a Clemente XI, moltissimi cardinali e principi, riuscendo a conferire ai suoi modelli un raro senso di verità e di profondità psicologica.
Fu raffinato esecutore di affreschi, avendo fissato con la decorazione della Chiesa del Gesù e di Santi Apostoli a Roma schemi che saranno ripresi in tutta Europa, da Venezia, all’Austria, alla Francia. Dipinse mirabili pale d’altare e fu un prolifico pittore da quadreria, con opere che figuravano nelle maggiori collezioni patrizie (Chigi, Altieri, Ottoboni, Rospigliosi, Spinola, Luigi XIV, etc.).
Francesco Petrucci