Project Description

Giacomo Raffaelli (Roma 1753 – 1836), L’Anfiteatro Flavio

Micromosaico su cassina di marmo rosso antico di cm 27 x 32. Incisione sul verso, incisa nel marmo: RAFAELI ROM.

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Icona della Roma antica e frequentemente riprodotto nelle decorazioni a micromosaico di fermacarte, tabacchiere, gioielli, l’Anfiteatro Flavio divenne anche il simbolo della Roma profana, contrapposta a quella sacra. Nella raffigurazione presentata in questa sede, il monumento antico – nel suo stato antecedente il restauro di Giuseppe Valadier – appare privo di qualsiasi significato ulteriore, depurato anche dell’enfasi che il rovinismo piranesiano gli aveva conferito.
Collocato in una zona quasi ai margini del centro abitato, il Colosseo nel corso del Settecento appariva ancora interrato, all’interno come all’esterno, con il raggiungimento di quote elevatissime, e solo tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo incominciò lo sterro condotto dall’ingegnere Carlo Lucangeli. Già Carlo Fontana, nel 1705, aveva avanzato una proposta di sterro integrale, ma i primi tentativi furono realizzati solo nel biennio 1805 – 1806, sotto la direzione di Carlo Fea. Interrotti nel 1807 con l’invasione da parte dei Francesi dello stato pontificio, i lavori ricominciarono sotto la nuova amministrazione senza modifiche sostanziali del progetto iniziale e dei suoi attori. Al 1811 si data l’inizio dello sterro del versante settentrionale del monumento e fu allora realizzato un muro che faceva da contrafforte alla parete di terra alle falde del colle Oppio: lo stesso che si può forse individuare, in primo piano al centro, in questo micromosaico che porta la cornice con lo stemma di papa Pio IX, mentre sul lato destro si riconosce una porzione del muro di cinta della vigna del Cardinal Carlo Emanuele Pio di Savoia.

La precaria stabilità dell’Anfiteatro Flavio aveva destato, fin dalla fine del XVIII secolo, preoccupazioni in merito alla sicurezza dei visitatori e nel 1795 erano state costruite murature di ricolmo tra i fornici delle arcate dei primi due ordini, parzialmente visibile in questo micromosaico.
Anche l’Arco di Costantino nel corso del Settecento appariva fortemente interrato a causa di scarti urbani che lo ricoprivano fino a circa metà dei plinti. Fu merito di Pio VII dare inizio a lavori di sterro del monumento che erano già iniziati nel luglio del 1804. L’arco venne interamente liberato dai cumuli di terra che ne occultavano la parte inferiore consentendo di mettere in luce la pavimentazione sotto il fornice centrale e fu quindi circoscritto da un muro ovale, poi demolito nel 1829, dal quale una scaletta conduceva al livello originale.
Il presente Colosseo, opera di Giacomo Raffaelli, il più noto mosaicista del ‘700, le cui opere sono conservate nei più importanti musei e collezioni del mondo, ricordato anche per aver realizzato una straordinaria versione dell’Ultima Cena di Leonardo, eseguita con la tecnica da lui inventata, si pone pertanto non solo come raffinatissimo esempio di micromosaico, ma anche come prezioso documento storico.