Project Description
Giacomo Balla (Torino 1871 – Roma 1958), Pesche della Grotta Azzurra
Olio su tavola di cm 39 x 48 databile al 1946 circa firmato (BALLA) in alto a sinistra, con cornice originale di cm 51 x 60. Nel retro: PESCHE DELLA \ GROTTA AZZURRA \ DI G.BALLA VIA OSLAVIA 39 \ ROMA.
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Provenienza: Giacomo Balla, Roma. Sig.ra Giuseppina Orsini, Roma
Roma.Bibliografia: E. Balla, Con Balla, Multhipla Edizioni, Milano 1986, vol. III, pag. 252.
Giacomo Balla è a Roma quando scrive in un appunto del 1900: «la semplicità è la base della bellezza secondo la quale è sempre prodotta dalle perfetta verità degli elementi, e tutte le opere grandi sono manifestate con mezzi tecnici semplicissimi. Il pittore completo che ama la verità eterna nell’espressione della NATURA, quando viene pittoricamente suggestionato da essa, le correnti trasmissive sono ingenuamente prive di qualunque scuola, metodo, regola, maniera ecc. e sono verginalmente sincere, NATE solo perché hanno trovato quei dati specialissimi sensi o nervi scrupolosamente adatti alle creazioni artistiche».
In questo periodo Balla analizza con spirito divisionista gli alberi di Villa Borghese, sperimenta con analisi futurista il correre della bambina sul balcone o il volo dei rondoni o l’auto in corsa a via Nazionale; con le forme di Feu d’artifice(per i Balli Russi, Roma 1917) torna a studiare la natura modificata dalle sensazioni del suo stato d’animo, interpreta la luce che dal centro si irradia nelle tele dei Balfiori fino a creare un’arte pura nell’assoluto realismo.
«Animali, piante, mari, monti, cielo, terra, stagioni, paesi, climi freddi e calori, giorni allegri e tristi ecc. tutto insomma diventa arte – NUOVA – immutabile», scrive il pittore nato a Torino a inizio Novecento, sempre attento alla realtà quotidiana, quasi con una intonazione da neo-realismo. Balla dipinge la sua arte NUOVA immutabile: la città che avanza dalla riva del Tevere come i pini di villa Borghese, le pere di Colonna sul tavolo in casa appoggiate sul tavolo dove ora troviamo le pesche.
Come in questa tavola: protagoniste cinque pesche provenienti da Capri: tre dentro il piatto e due sulla tovaglietta verde insieme ad un coltello e forchetta, dietro a sinistra il bicchiere trasparente vuoto. Tutto viene appoggiato sopra il “solito” tavolo quadrato presente in tante nature vive dipinte da Balla durante gli ultimi anni trascorsi nella sua abitazione romana di via Oslavia: in particolare, nell’archivio curato da chi scrive, sono annoverate diverse opere con una composizione simile con il tavolo, la tovaglietta e la tenda bianca sullo sfondo. Di nuovo, ora abbiamo il velluto blue sullo sfondo: sono nature vive, come ci dice Elica nel riportarci la definizione del padre riguardante il tema delle “nature morte”.
L’opera proviene dalla signora Giuseppina Orsini, alla quale Giacomo Balla fece il ritratto nel 1946. Ne scrive Elica Balla, nel suo terzo volume dedicato al padre: “C’è ora da fare ancora un ritratto: la signora Orsini con la piena luce dalla finestra che illumina il suo bellissimo braccio e il volto; Giuseppina Orsini un po’ altera e malinconica si presta per un effetto così originale in cui risulta la sua carnagione chiarissima sul vestito di velluto bleu. Mio padre si appassiona nel rendere quel contrasto di luce e ombre e lavora conversando con la signora che noi conosciamo da molti anni. Gentile e colta essa ammira molto l’arte di Balla come anche suo marito, essi acquistarono un quadro di rose e mio padre dipinse delle pesche vellutate con lo sfondo bleu che la signora prestò per tale opera” (pp. 251-252).
Elena Gigli