Project Description
Galileo Chini (Firenze 1873 – 1956), Natura morta con collana
Olio su tela di cm 60 x 45 firmato con monogramma a forma di teschio, datato (1916) e dedicato (ad Annetta Andrè per l’amicizia di Gino) in alto a sinistra.
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La figura di Galileo Chini è praticamente unica nel panorama dell’arte italiana fra il XIX e il XX secolo. Personalità poliedrica e precoce, si cimenta in maniera eccelsa in ogni aspetto dell’arte. Grandissimo decoratore, ceramista sublime (fonda la manifattura “L’Arte della Ceramica” e successivamente “Le Fornaci San Lorenzo”, introducendo l’Art Nouveau nella tradizione italiana), illustratore, scenografo (sue le scene della prima Turandot di Puccini), urbanista, pittore dalla forte personalità che spazia dal Simbolismo al Divisionismo, fino a una fase finale più cupa ed espressionista. Artista di levatura europea, partecipa a tutte le principali esposizioni Internazionali (Londra, Bruxelles, Gand, San Pietroburgo tra le altre) e in Italia alle Biennali veneziane e alle Quadriennali romane. Decora importanti edifici pubblici e privati, e nel 1911 parte per il Siam, chiamato dal Re Rama V per decorare l’interno del nuovo palazzo del Trono di Bangkok, dove realizza la sua più straordinaria opera decorativa.
Il triennale soggiorno in oriente, come notato da Fabio Benzi, sviluppa in Chini la vena meditativa e di trasfigurazione della realtà in ritmi cromatici sottilmente virati, in immagini permeate da un trasporto interiore non frenato, che libera le paste pittoriche alleggerendole in tocchi divisionisti che registrano non la divisione del colore ma la permanenza nella coscienza di un bagliore, di una sensazione.
Il monologo interiore, lo spirito sensibile aperto ad ogni circuitazione dell’intelletto e della sensibilità, sono le costanti dei quadri di Chini, come di quelli dei suoi corrispettivi europei: Bonnard e Vuillard in Francia, Grant in Inghilterra, Corinth in Germania. Galileo Chini, dopo i grandi successi internazionali del primo decennio del secolo, sviluppa sempre più un carattere che lo conduce alla scelta solitaria della pittura, abbandonando quasi definitivamente le grandi imprese decorative ad affresco che tuttavia conduce ancora negli anni Venti, in cicli che lo confermano uno dei migliori interpreti del Decò italiano. Nel 1930 tiene una grande personale alla galleria Bernheim – Jeune di Parigi, la maggiore galleria europea che presentava questa tendenza, e prosegue l’attività pittorica dipingendo in appartata solitudine una serie di nature morte, contraddistinte da un intimismo lirico altissimo e sensualmente melanconico, presentate alle diverse edizioni della Biennale di Venezia.
Proprio a questo ultimo filone tematico appartiene il dipinto qui presentato, nel quale lo scrigno e il recipiente in vetro, dal quale pende la forma sinuosa di un monile femminile, sono l’eco delle atmosfere respirate dal pittore durante il suo soggiorno thailandese. Il pastoso cromatismo dei fiori, trionfi di colori puri riversati sulla tela dal pennello dell’artista, collocati all’interno di un elegantissimo vaso dal collo lungo e sottile chiudono la composizione, tutta giocata sulle morbide velature e trasparenze luministiche tipiche della produzione di Chini degli anni Dieci del Novecento. Il dipinto rappresenta, inoltre, in virtù della dedica riportata dall’autore in alto a sinistra, una testimonianza del legame di Chini con Gino Coppedè: i due, infatti, pochi anni prima avevano lavorato assieme alla realizzazione del Castello di Lupinari, situato nell’omonima località collinare del comune di Bucine, tra Ambra e San Leolino.