Project Description
Francesco Ciusa (Nuoro 1883 – Cagliari 1949), Fanciulla di Desulo
Stucco a marmo dipinto di cm 18 x 9 x 5 firmato sull’etichetta apposta sulla base.
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L’opera di ridotte dimensioni, uno dei più begli esempi della produzione scultorea di Ciusa, raffigura il bustino di una fanciulla che ride con una aggraziata delicatezza, vero principio estetico della ricerca intrapresa dal grande artista sardo. Nella scultura di piccolo formato Ciusa trova infatti accenti aggraziati e sorridenti, estranei alle grandi committenze pubbliche, e dedica maggiore attenzione alla descrizione del costume, che talvolta diventa centrale, come nel caso del copricapo a forma di cuffia indossata dalla giovane adolescente, protagonista dell’opera qui presentata.
Della fanciulla di Desulo, di una purezza neoquattrocentesca, si conoscono vari esemplari. Particolarmente felice la versione che include le spalle, come questa, in cui Ciusa sembra guardare ai busti di Francesco Laurana. Anche la descrizione del costume viene piegata ai fini dello stile: per non compromettere la continuità della linea della gola, è stato soppresso il dettaglio del laccio annodato sotto il mento, sicchè la cuffia del costume di Desulo finisce per assomigliare a un copricapo rinascimentale. La base sagomata e ornata di motivi tratti dall’artigianato sardo viene sostituita, negli esemplari di esecuzione più tarda, da un semplice zoccolo a sezione ellittica.
Il linguaggio di Ciusa mantiene ancora i riferimenti all’arte classica e rinascimentale, ma adesso rivela anche una ricerca di forme chiuse, compatte, di volumi lisci e tondeggianti, che devono qualcosa al gusto déco. Dalla ceramica déco, che predilige la levigatezza degli smalti e gli accordi di colore squillanti, lo distacca invece il senso di calda manualità creato dallo stucco a marmo dipinto.
Alle arti applicate Ciusa si interessa fin dal 1917. In quell’anno firma il manifesto “Rinnovandoci rinnoviamo”, che, lanciato da Galileo Chini, Plinio Nomellini e dallo scultore Filippo Cifariello, propone di sopprimere le accademie per sostituirle con scuole artistico–industriali capaci di rinnovare la produzione decorativa attraverso il richiamo all’arte popolare delle varie regioni. È proprio in questa direzione che si orienta, poco dopo, il dibattito italiano sul rinnovamento del settore. Ciusa, chiaramente, si trova in sintonia con un clima che porta a rivalutare l’artigianato tradizionale in tutte le sue espressioni. Al di là del movente economico, a spingere Ciusa verso le arti decorative è anche il bisogno di trovare un punto di incontro più diretto tra la propria ricerca artistica e la cultura materiale del suo popolo, il meraviglioso patrimonio di forme offerto dalle cassapanche, dai costumi e dagli intagli dei pastori. Tra il 1920 e il 1922 modella, infatti, capolavori in piccole dimensioni: “Il ritorno”, “La campana” e “Il sacco d’orbace”.