Project Description

Carla Accardi (Trapani 1924 – Roma 2014), Parentesi n.8 (Verde Smeraldo)

Vinilico su tela 60 x 80 cm, firmato (Accardi) e datato (82) in basso a sinistra.

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Esposizioni
Erice, Carla Accardi opere 1965–1983, Ex Convento San Carlo, luglio – ottobre 1983.

Pubblicazioni
Carla Accardi. Catalogo ragionato, a cura di Germano Celant, Edizioni Charta, Milano 1999, n 1982/10.

“Negli anni cinquanta, prima un segno essenziale, poi strutturale. Il segno è un elemento che è parte dell’universo. Non ricordo bene l’anno ma credo fosse intorno al 1952. Avevo avuto un anno di crisi, credevo di non poter far più niente nella pittura. Mi ero isolata e ho cominciato a disegnare direttamente per terra. Tracciavo dei segni. Ho usato il bianco sul nero, mi stimolava, mi sembrava qualcosa di unico. Da quel momento ho cominciato a fare dei disegni uno sull’altro che hanno prodotto segni fortemente differenziati. All’inizio non c’era molta grazia. Ma dal loro studio è nata una popolazione, una selva, una natura reinventata, quasi delle costruzioni giganti che sognavo la notte.” Con queste parole, Carla Accardi raccontava la genesi della sua ricerca contraddistinta dalla definizione di un segno, fattosi, via via, sempre più imponente.
Otto biennali all’attivo, prolifica e vitale, l’artista siciliana, signora dell’astrattismo italiano, fra le più raffinate interpreti del Gruppo Forma 1, appartiene a quella generazione di donne che a partire dagli anni Quaranta, ha decretato la fine dell’emarginazione della creatività femminile. L’opera qui presentata si colloca nella piena maturità del percorso condotto dall’artista siciliana: realizzata nel 1982, costituisce una delle ultime prove della sua ricerca, intrapresa sin dalla metà degli anni Cinquanta, orientata nella direzione dell’automatismo segnico: la poetica del segno-colore, che si articola per insiemi di segmenti pittorici stesi su fondi omogenei. In particolare dopo le serie “Rotoli” e “Lenzuoli” che completarono il gruppo di lavori che investigano i rapporti con l’ambiente, e installazioni come “Tenda” e “Triplice tenda”, realizzate per la Galleria Editalia di Roma e per la sezione Arte Ambiente della Biennale del 1976, apice della sua ricerca sui rapporti spaziali, negli anni Ottanta ritorna alla bidimensionalità con le serie chiamate “Capricci” e “Parentesi”, ricorrendo alla tela grezza.

Carla Accardi

Proprio a questa fase appartiene l’opera qui presentata, nella quale la stratificazione di segni di forma, colore e densità diversa si distribuiscono su una superficie il cui perimetro evoca un “hortus conclusus” in cui la creatività dell’artista viene imbrigliata: il limite diventa così ostacolo e norma ordinatrice a un tempo. In questo modo, partita dal dinamismo degli elementi pittorici astratti, la Accardi spinge le proprie composizioni verso i margini della tela, quasi a catturare l’esperienza fenomenologica dello spazio che devia e si espande. Le sua forme fluttuano nello spazio con vibrante energia, mentre il colore nelle sue interazioni cromatiche, è esaminato con piglio scientifico, nell’emozionante provocazione visiva di una luminosità intensa, o di minuscoli bagliori. Dopo la serie delle Parentesi, Accardi è di nuovo presente alla Biennale del 1988 con una sala personale e partecipa alle principali rassegne storiche sull’arte italiana del XX secolo, in Italia e all’estero. Nel 1999 Germano Celant pubblica un’importante monografia sulla sua opera.