Project Description
Bruno Croatto (Trieste 1875 – Roma 1948), Natura morta con rose gialle e collana
Dipinto ad olio su tavola di cm 62 x 57 firmato e datato (“Roma 1933”) in basso a sinistra.
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Un drappo bianco e uno nero, con il loro panneggi spigolosi, fanno da fondale scenico a queste due nature morte composte da vasi, diversi per forma, materiale e decorazione. Nel primo dipinto, un vaso dalla superficie opaca con motivi decorativi vegetali contiene un bouquet di magnolie, grumi di colore attraversati dalla luce che penetra dall’alto, da sinistra, rispetto allo spazio rappresentato, come testimoniato anche dai riflessi sulle cineserie in primo piano. Nel secondo dipinto, invece, è un trionfo di rose gialle a dominare la composizione che prevede un piccolo scrigno di foggia orientale di incredibile trasparenza, dipinto con una straordinaria resa tattile, e un calice dal quale pende una raffinatissima collana. Gusto per le qualità intrinseche di materiali diversi, specificamente prescelti per le caratteristiche di lucentezza o trasparenza o sfericità, e sagace capacità nell’accostamento appropriato dei colori, costituiscono le peculiarità di queste due nature morte di Bruno Croatto, eccellente incisore oltre che pittore valente.
Del pittore triestino è stato messo in evidenza il suo “verismo”, il suo attaccamento alla realtà, talvolta per taluni “fin troppo oggettivo”, punto di arrivo di un’evoluzione lenta, ma meditata attraverso i frequenti viaggi e lo studio della pittura italiana del Rinascimento, che lo portò ad “una sorta di moderno classicismo pittorico” (Firmiani, 1976). La chiarezza del segno, la nitidezza dei colori, la forza plastica degli oggetti induce Croatto a esprimere un naturalismo puro e raffinato, un’attenzione meticolosa al dato reale. Il senso di finitezza, vivo nell’evidenza corporea degli oggetti dai colori brillanti, quasi smaltati, rappresentati soprattutto nelle opere degli anni Trenta, come la nature morte proposte in questa sede, dimostra un’evoluzione artistica che si compie nella maturazione del suo sentire.
In particolar modo, questi due dipinti sono quasi delle fantasmagorie perché dedotte da un trasfigurato mondo orientale avvolto da un’atmosfera in bilico fra storia, mito e religiosità. Come ha opportunamente scritto Silvio Benco, “per quanto sappiamo Croatto non ha dell’Oriente la conoscenza diretta; egli lo vede attraverso le impressioni di quelli che ci furono e attraverso l’eccitamento potente della propria immaginazione. Nondimeno ne ottiene sorprendenti effetti dai quali anche i più freddi e cauti si confessano vinti”.