Project Description

Beppe Ciardi (Venice 1875 – Quinto di Treviso 1932), Punta della dogana

Olio su tavola di cm 15 x 15, firmato e datato (1910) sul retro.

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“È sopra tutto nel ritrarre la campagna, che conosce, comprende ed ama come pochi la conoscono e sanno davvero comprenderla ed amarla ed in cui trascorre buona parte dell’anno, ch’eccelle Beppe Ciardi.” Con queste parole, Vittorio Pica nel 1912 dalle colonne di «Emporium» esaltava la tavolozza del pittore veneto ed, in particolar modo, le scene di ambientazione rurale che a Ciardi davano la possibilità di sperimentare tinte molto accese e forti contrasti, facendo un uso più spregiudicato della luce e del colore, rispetto al padre Guglielmo e alla sorella Emma, con i quali costituì una famiglia di artisti, capace di scrivere la storia delle pittura veneta a cavallo dei due secoli, rinnovandola nei valori cromatici e nei raccordi formali.

La predisposizione a sperimentare sulla tela soluzioni cromatiche inedite Beppe la desume dal padre, ma cerca comunque di sviluppare una sua personalità artistica, rinnovando il suo linguaggio pittorico, soprattutto nei soggetti. Nell’irreale cerca la realtà, come nelle illusioni che si creano tra il cielo e le acque durante le diverse ore della giornata, in modo particolare nelle ore di passaggio dell’alba e del tramonto, sulla laguna veneziana, sembra che tutto diventi creazione della fantasia. Per arrivare a queste atmosfere il pittore, a volte, inspessisce le paste cromatiche dei suoi dipinti, forse sotto l’influenza dei suoi contemporanei colleghi nelle biennali veneziane.

Beppe Ciardi

È questo il risultato che si ottiene guardando questa tavola di formato ridotto, nella quale Beppe raffigura punta della dogana, la celebre zona di Venezia costituita da una sottile punta triangolare posta tra il Canal Grande e il Canale della Giudecca, prospiciente il Bacino San Marco, con i suoi tre importanti complessi architettonici: la Basilica di Santa Maria della Salute, il seminario patriarcale e il complesso della Dogana da Mar, da cui l’area prende il nome. Lo scorcio è delineato dal Ciardi con pennellate grosse, materiche e stesure larghe e vibranti: ancora una volta Beppe si dimostra un «poeta lirico del pennello», le sue impressioni dal vero sono inni alla natura, comunicano l’emozione del dipingere en plein-air.

Ritroviamo, così, in questo dipinto quanto affermato da G. Perocco, circa la sua pittura: «Nei quadri di Beppe predomina la vasta apertura del cielo e delle nuvole rispetto al paesaggio sulla lontana linea dell’orizzonte, che porta l’immagine immensa in uno spazio ingrandito della fantasia. Di cui il suggerimento alla solitudine e alla contemplazione, tanto più che emergono dalla terra o dal mare pochi elementi appena abbozzati, tutti distaccati dagli occhi dell’artista con predominio sempre dello spazio attorno».