Project Description

Antonio Marasco (Nicastro 1896 – Firenze 1975), Sonorità della materia

Pastelli su tela di cm 34,5 x 50 firmato, dedicato (a Liborio Merolli) e intitolato al centro.

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Nell’ambito del secondo futurismo Antonio Marasco incarna la figura di un instancabile animatore non solo sul piano della ricerca artistica che indirizza verso il Manifesto dell’Aeropittura (Roma, 1929), ma anche a livello di organizzazione della iniziative culturali, con eventi realizzati assieme al gruppo futurista toscano, nel quale si era inserito sin dalle prime frequentazioni degli ambienti artistici di Firenze. Intorno alle problematiche nuove sollevate dal dibattito in corso sulla rivista “Lacerba”, infatti, Marasco aveva avuto modo di formarsi come intellettuale prima, e come artista figurativo poi: la sua adesione al Futurismo risale allo stesso periodo in cui vi entrano a farne parte Rosai, Sironi, Prampolini, Depero e Dottori (fine 1913 – inizi 1914): sono chiamati “Futuristi di transito”, in segno di distinzione dai primi firmatari del Manifesto del ’10 e per significare una certa indipendenza dall’organizzazione del movimento.

La pittura di Antonio Marasco segna l’evoluzione del dinamismo plastico di Boccioni in direzione di una visione più costruttivista, in cui le forme sono elementari e le figure sono trattate bidimensionalmente. Le opere eseguite fra il 1929 e il 1931 sono gli esempi più alti di questo filone di ricerca. Paesaggi urbani costruiti in maniera geometricamente assurda rappresentano emblematicamente lo sviluppo della concezione futurista. Le prospettive multiple, al limite dell’impossibile, restituiscono un’atmosfera para-surreale che sospende ogni residuo realismo, dando alle figure un senso di estraneamento metafisico.

Un certo razionalismo pitagorico, dove tutto è ricondotto a metrica ideale, caratterizza la seconda stagione della sua attività. È il caso dell’opera qui presentata, “Sonorità della materia”, databile ai primi anni Sessanta, in cui evidente risulta essere il richiamo alla pittura sinestetica di Bragaglia, dato dalle vibrazioni cromatiche che attraversano l’intera composizione. L’opera coincide con il periodo di massima affermazione raggiunta da Marasco, protagonista di due importanti mostre tenutesi proprio negli anni Cinquanta: nel 1950 una personale alla Art Gallery della Yale University e nel 1959 una grande retrospettiva al Palazzo delle Esposizioni a Roma.