Project Description
Alessandro Battaglia (Roma 1870 – 1940), Fine giornata
Acquarello su carta di cm 75 x 133 firmato (A Battaglia), situato (Roma) e datato (1900) in basso a destra.
Sul retro etichetta che attesta l’esposizione del dipinto alla mostra annuale di Monaco di Baviera tenutasi al Glaspalast nel 1903.
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Alessandro Battaglia fu iniziato all’arte dal nonno Roberto Bompiani. Successivamente, pur legato alla scuola di Cesare Maccari e di Ludovico Seitz, aderì con interesse soprattutto al verismo e allo stile drammatico di Domenico Morelli, che lo appassionava col suo colorismo abile e intenso. A soli tredici anni prese parte all’esposizione della Società romana Cultori e amatori del 1883, con un convenzionale “Ritratto della sorella”, prendendo parte in seguito a quasi tutte le esposizioni italiane ed estere, tra cui quella di Berlino del 1896, dove un suo acquerello, “Livia”, fu acquistato dal museo di Magdeburgo, mentre il grande dipinto “Esami finali”, di un patetico sentimentalismo alla Toma, fu esposto e venduto a Monaco.
Fino alle soglie del Novecento Battaglia appare volto ad un naturalismo di impronta michettiana nei numerosi quadri aventi come soggetto contadini e pastorelle. In seguito l’artista romano si accostò alle ricerche del divisionismo che, nelle sue opere, tuttavia, non trova facile accordo con il luminismo di origine accademica; ne sono esempio “Il mattino di primavera”, esposto su invito alla IV Biennale di Venezia (1901) e acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Roma, e “Contrasti”, esposto a Barcellona nel 1902. Nel 1903 Battaglia fu tra gli artisti invitati alla mostra annuale di Monaco di Baviera: in questa occasione espose tre dipinti, “Vendemmia”, “Nennella” e “Fine della giornata”.
Proprio quest’ultima opera può essere individuata nel dipinto presentato in questa sede, in virtù della scena rappresentata e della etichetta riportata sul retro. La comunità contadina dell’agro romano viene colta nel momento del congedo dal duro lavoro dei campi: la giornata volge al termine dopo la mietitura, il cui raccolto, le affastellate fascine di grano giacciono a terra in primo piano sulla destra. Sapiente risulta essere la composizione costruita seguendo la rigida scansione dei piani prospettici, con i diversi personaggi che, partendo dalle due monumentali figure femminili, digradano sul fondo, perdendo di tono e densità cromatica; come notevole risulta l’acribia del pittore nel delineare alcuni particolari delle figure: ad esempio, il ricamo floreale variopinto del grembiule indossato dalla popolana rivolta all’indietro nell’atto di chiamare a sé le compagne di lavoro, virtuosismo della tavolozza adottata dal Battaglia. Un dipinto, dunque, cruciale nel percorso artistico del pittore soprattutto se consideriamo che nel 1904 Battaglia fu tra i fondatori assieme con Enrico Coleman e Onorato Carlandi del Gruppo dei “XXV della campagna romana”, il celebre milieu di artisti che intendevano tornare alla pittura di paesaggio, intesa non in senso accademico, ma come ripresa dal vero di motivi paesistici. Battaglia entrò nel gruppo con il soprannome di “vitello marino”, per i suoi tratti somatici, dedicandosi ad animate scene dell’Agro romano che amò profondamente e che ritrasse con sentimento e vigore uscendo dal chiuso dello studio per raccogliere le ispirazioni all’ombra dei ruderi degli acquedotti romani e per tradurre le vibrazioni che riceveva dall'”aria aperta”.