Project Description

Maria Lai (Ulassai 1919 – Cardedu 2013), Composizione

Serigrafia con intervento. Presenta una dedica in basso a destra “a Elda con molti auguri per il 1978”.

Tecnica mista: carta inchiostro, di cm 50 x 35 firmato (Maria Lai) e datato (1977)

Autentica con codice AA 037/19 rilasciata in data 28/03/2019 dall’Archivio Maria Lai, Lanusei.

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“Al centro della ricerca artistica di Maria Lai – ha ricordato Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, dove l’anno scorso si è tenuta una grande retrospettiva dedicata all’artista sarda – sta il mezzo più tipico del suo lavoro cioè quel filo che ‘lega e collega’ in maniera senz’altro viva e che infatti spesso rimane libero e non ancora cucito: tra i vari riferimenti mitologici non può che ricordare Penelope che tesse durante il giorno e nella notte scioglie i fili”.

Il telaio, lo strumento millenario della tessitura, compare già in un disegno degli anni Quaranta della Lai e figure di tessitrici si incontrano nelle sue carte successive. Ma è alla fine degli anni Settanta che Lai inizia il ciclo delle Tele cucite, veri e propri collage di stoffe annodate e imbastite, di grandi dimensioni, via via sempre più astratte. In parallelo, inizia a lavorare a due serie di libri-oggetto, comunque illeggibili: quelli “rilegati” in copertine di pasta di pane cotte al forno (dalla fine degli anni Settanta), quasi a renderne commestibile il contenuto, e quelli ricamati con la macchina da cucire, imitando con l’ago l’andamento lineare della scrittura, dai quali lascia pendere grovigli di fili colorati come nell’opera, “Libro Scalpo”.

Maria Lai

Il 1979 è, invece, l’anno del suo primo intervento ambientale “La casa cucita”, Selargius (Cagliari), a cui seguiranno moltissimi altri interventi sul paesaggio come “Legarsi alla montagna”, Ulassai, 1981, sorprendente alternativa alla proposta del sindaco che aveva richiesto un monumento. Maria Lai, partendo da una leggenda locale, unisce insieme ai suoi concittadini tutte le case, una con l’altra, e le case alla montagna franosa che incombe, con 26 chilometri di nastro azzurro: opera che le varrà il titolo di fondatrice dell’arte relazionale, assegnatale dalla storiografia artistica contemporanea e dalla critica più recente.

Le due opere presentate in questa sede vertono sullo stesso tema: l’importanza del recupero del disegno infantile, l’innocenza perduta, una ricerca di palingenesi primitiva, centrale all’interno della ricerca artistica di Maria Lai. Un bambino di pane, proveniente da un universo in continua evoluzione, prende vita nella prima opera, piccolissimo punto solitario nella catena dell’umanità: contiene in sé l’infinito cui si accede con un’altra nascita. La seconda opera ci mostra il disegno di un bambino, nel quale la Vergine Maria ha l’aspetto della mamma: intorno fili, come ricami, avvolgono ancora il tempo dell’innocenza. Le due opere riconducono ad un concetto caro alla Lai: “tutti i giorni noi uccidiamo il bambino che è in noi, tutti i giorni le nostre cellule si rinnovano e dimenticano l’origine: sta a noi custodire quell’innocenza”. Una innocenza che coincide con la salvezza, il cui sentiero per approdarvi è proprio nel filo che ci riconduce al telaio universale, metaforico cordone ombelicale dell’intera umanità.